Ci si può accontentare in amore? Perché c’è chi non la smette mai di ripetere che, nella vita, ci si dovrebbe accontentare di quello che si ha? E poi, soprattutto, che vuol dire «accontentarsi» in amore? Che bastano le briciole? Che il tempo passa inesorabilmente e che quindi, prima o poi, sarebbe bene fare i conti con la realtà?
Non credo che l’accontentarsi possa veramente coniugarsi con l’amore. Anche semplicemente perché, quando si ama, per definizione non ci si accontenta. Da un lato, perché l’amore non è mai abbastanza – che senso possono mai avere frasi del tipo: «ti amo abbastanza», «con te sto abbastanza bene», «è già abbastanza che stiamo insieme»? O si ama, e allora l’abbastanza scivola via nel dimenticatoio perché si ama, punto e basta. Oppure non si ama affatto, ma allora, ancora una volta, l’abbastanza può anche andare a farsi benedire. Dall’altro lato, perché l’amore accade e si alimenta sempre e solo quando non ci si accontenta. Né del primo venuto né delle briciole. Né della routine né della fatica. Dicendosi che è così per tutti, e che la vita non può essere altro. Oppure ripetendosi che è inutile battersi per un ideale irraggiungibile e che la perfezione esiste solo nelle fiabe.
Certo, è assurdo e folle immaginare che, per amare, si possa (o si debba) dare e ricevere tutto. Nessuno ha questo «tutto» da dare o da ricevere. E forse è anche meglio così, visto che se si avesse «tutto» non si desidererebbe più nulla e che, nel «tutto», c’è anche l’abisso del dolore e della cattiveria. Però un conto è pretendere il «tutto», altro conto è accontentarsi del «poco». Soprattutto quando quel «poco» è fatto di briciole. E allora si ama anche chi non se lo merita per niente.
Certo, ho detto e scritto più volte che l’amore non lo si merita.Ma anche in questo caso tutto dipende da cosa si intende per «meritare». Perché se è vero che si ama sempre senza ragioni e senza meriti, è anche vero che esistono atteggiamenti e modi di fare che meritano solo indifferenza o disprezzo. Si ama oppure no, certo. Ma questo non vuol dire che ci si debba per forza accontentare di quello che si riceve, soprattutto se quanto si riceve è impastato di frustrazione e di sofferenza.
«Ma lei lo amava davvero»– scrive Augusten Burroughs in Correndo con le forbici in mano – «Io ci credo. So esattamente cosa significa. Amare qualcuno che non lo merita, perché è tutto ciò che hai. Perché un’attenzione qualsiasi è meglio di nessuna attenzione.» Un’attenzione qualsiasi, però, non è meglio di nessuna attenzione. Anzi. Accontentarsi delle briciole, spesso, significa credere che il proprio destino sia segnato dall’assenza. Come se non si valesse niente e non si avesse alcun valore. Come se l’altro potesse considerarci a propria disposizione, come un mero oggetto, una semplice cosa.
L’amore ha sempre bisogno di verità. E la verità fa a pugni con l’accontentarsi. Anche quando scopriamo pezzetti di verità scomodi. Anche quando capiamo non solo di non essere esattamente come gli altri vorrebbero che fossimo, ma anche di non essere come noi stessi vorremmo essere. Anche quando ci rendiamo conto che la vita, con le fiabe, non c’entra nulla. Accontentarsi del troppo poco significherebbe d’altronde convivere con le menzogne. E distruggere la possibilità stessa dell’amore e della gioia.